Come chiarito dall’INPS, con messaggio n. 4274 del 31 ottobre 2017, la sindrome da talidomide si configura come sindrome malformativa congenita, presente fin dalla nascita, determinata
dall’assunzione dell’omonimo farmaco durante alcune fasi della gravidanza, che può dare luogo ad un quadro malformativo che comporta una menomazione permanente dell’integrità psico-fisica.
Posto quanto sopra, l’Istituto ha chiarito che in presenza di idonea documentazione sanitaria accertante la condizione malformativa suddetta – ovvero verbale CMO di riconoscimento del nesso di causalità e di classificazione delle lesioni e/o infermità, ai sensi dell’art. 2, commi 6 e 7, del Regolamento di esecuzione, approvato con Decreto Ministeriale del 2 ottobre 2009, n. 163 – con ascrizione della stessa ad una delle prime 4 categorie della tabella A del Decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, la maggiorazione di cui all’art. 80, comma 3 della Legge 23 dicembre 2000, n. 388, deve essere attribuita, a domanda, ai fini pensionistici, dall’inizio dell’attività lavorativa per il servizio effettivamente prestato nella condizione invalidante presso pubbliche amministrazioni o aziende private ovvero cooperative, nel limite massimo di cinque anni.
Tuttavia, qualora risulti attestata esclusivamente la condizione di invalidità civile superiore al 74{f84bd58518a26f792c7504957eb179843eba739688bbf3b44237bba37e3d266d}, non potendosi discriminare se e quanto a tale percentuale concorrano altre condizioni patologiche acquisite, la decorrenza del beneficio andrà valutata come per la generalità delle patologie invalidanti.