Fino a qualche tempo fa in caso di inidoneità alla donazione del sangue il datore di lavoro non aveva
diritto ad ottenere alcun rimborso dall’INPS.
La Legge n. 219 del 21 ottobre 2005 ha, finalmente, garantito la retribuzione anche ai lavoratori dipendenti giudicati inidonei alla donazione di sangue e di emocomponenti, limitatamente, però, al tempo necessario all’accertamento della predetta inidoneità e alle relative procedure.
Il decreto interministeriale 18 novembre 2015 ha disciplinato le modalità di erogazione del contributo necessario per cui l’INPS, con circolare n. 29/2017, ha fornito le relative istruzioni.
Requisiti e misura
Il lavoratore ha, in caso di inidoneità alla donazione, diritto alla retribuzione limitatamente al tempo necessario all’accertamento della predetta inidoneità per:
– sospensione o esclusione del donatore per motivi sanitari;
– mancata decorrenza dei tempi di sospensione tra una donazione e la successiva;
– rilevata esigenza di non procedere al prelievo per specifico emocomponente e/o gruppo sanguigno, in base alla programmazione dei bisogni trasfusionali.
Chiaramente andrà tenuto conto, ai fini retributivi, sia del tempo di permanenza presso il centro trasfusionale sia di quello di spostamento dallo stesso alla sede di servizio.
Documentazione
Ai fini del diritto alla retribuzione il lavoratore dovrà prestare al datore di lavoro anche il certificato di attestante la mancata donazione, la motivazione, il giorno e l’ora di entrata e di uscita dal centro trasfusionale.
UniEmens
Specifica la circolare INPS n. 29 del 7 febbraio 2017 che i datori di lavoro, per il conguaglio dell’indennità anticipata al lavoratore, nel caso di specie, dovrà valorizzare nell’elemento <MalACredAltre>, <CausaleRecMal>, il nuovo codice causale “S114” avente il significato di
“Indennità per assenza oraria riferita al tempo necessario all’accertamento di inidoneità alla donazione sangue”; nell’elemento <ImportoRecMal> il relativo importo.